Cinque anni dopo siamo diventati migliori? Non si direbbe proprio e non ne è uscito rafforzato il nostro Sevizio Sanitario

19 Febbraio 2025

Sono trascorsi 5 anni da quando l’ondata pandemica ha travolto il mondo e il nostro Paese, sconvolgendo le nostre vite e lasciando dietro a sé una drammatica scia di lutti e danni sociali. Ma uno sconcertante meccanismo di rimozione psicologica di massa ha fatto sì che di Covid non si parli più; nessuno vuole oggi ricordare quei lunghi mesi che cambiarono il mondo. Ne siamo usciti migliori? Non si direbbe proprio e di certo non ne è uscito rafforzato, come tutti invece speravamo, il nostro Servizio sanitario nazionale. Sono in molti a credere che se domani fossimo improvvisamente investiti da una nuova pandemia la risposta sarebbe peggiore di allora, quando almeno si contò sulla forza d’animo dei sanitari uniti in uno sforzo corale.
 
Alcune riflessioni le possiamo però trarre da quella esperienza e vale la pena di fissarle nella mente.
 
Le favole in medicina non funzionano, lo story telling non paga (e sarebbe bene che molti di questi tempi se lo ricordassero), la vicenda dell’idrossiclorochina (Plaquenil), venduta in milioni di confezioni come panacea per l’infezione virale e promossa dal presidente Trump come miracoloso antivirale, dovrebbe essere stata una lezione sufficiente.

La ricerca può essere indirizzata e accelerata, prova ne sia lo straordinario successo che si è ottenuto in tempi brevissimi con lo sviluppo dei vaccini, ma occorrono risorse economiche e strategie che la orientino. La ricerca può anche essere frutto di uno sforzo collaborativo di più gruppi di lavoro e raggiungere prima gli obiettivi, non è fatta solo di competizione fra i ricercatori.

La salute costa ma è un investimento e ha impatti determinanti sull’economia (l’abbiamo toccato con mano e ce lo siamo già dimenticato!). Nell’era della globalizzazione è indispensabile avere azioni coordinate tra gli stati e in questo OMS e Unione Europea dovrebbero sviluppare un ruolo centrale; nel prossimo futuro sarebbe auspicabile avere un piano europeo di salute su temi comuni e trasversali alle diverse realtà.

Non possiamo permetterci frammentazioni del sistema sanitario come quelle a cui abbiamo assistito nel nostro Paese, ogni regione ha la sua autonomia ma non è ragionevole che si attuino politiche di sanità pubblica diverse in regioni magari limitrofe, è indispensabile una unica regia nazionale. L’epidemiologia e il tracciamento sono fondamentali, la rete di sorveglianza epidemiologica e la medicina sul territorio vanno fortemente potenziate, durante la passata pandemia hanno rappresentato una forte debolezza e favorito la diffusione del virus. La gestione a domicilio dei pazienti grazie alle nuove tecnologie è possibile e può essere in alcuni casi molto utile.

La trasparenza nell’informazione è fondamentale e può aiutare a orientare i comportamenti dei cittadini resi così partecipi e responsabili (chi avrebbe mai detto che gli italiani sarebbero stati così osservanti delle restrizioni imposte?). La relazione tra media e opinion leader deve essere ripensata, abbiamo assistito a troppi eccessi di gratuito narcisismo televisivo.

Abbiamo visto trasformare ospedali nel giro di poche ore, in futuro anche la visione architettonica delle strutture sanitarie deve poter prevedere conversioni rapide in caso di necessità urgenti.

Infine negli ultimi studi scientifici il ruolo dell’inquinamento nella diffusione del virus appare avere una rilevanza maggiore di quanto inizialmente si pensasse, e probabilmente in Lombardia ha giocato un ruolo fortemente negativo, anche questo deve rappresentare una forte spinta alle azioni per la sua riduzione.

Questi sono solo alcuni spunti, che dovrebbero essere scontati ma a giudicare da quanto accade purtroppo non lo sono affatto, sarebbe utile tenerli bene a mente quando si pensa al nostro sistema salute-ricerca-società.

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