Coronavirus, il medico Harari: Colpito alle spalle. Vi racconto la mia rabbia
Sergio Harari: «Mi sono sentito come se si fosse accesa una luce rossa e fossi stato bruciato, via, non sei più nel gioco dei normali, sei un replicante anche tu»
13 Aprile 2020
Mi ero appena seduto al mio posto, a debita distanza di sicurezza dagli altri, in una riunione istituzionale sull’emergenza sanitaria, quando mi hanno telefonato per avvisarmi che ero positivo al tampone per il Sars – Cov-2. Benché stessi bene l’esame era stato eseguito per ragioni di controllo epidemiologico. Così un po’ incredulo, un po’ stordito, mi sono alzato dalla mia sedia e sempre a debita distanza ho avvisato qualcuno in modo che non sembrasse maleducato il mio improvviso allontanamento e me ne sono andato. Mi sono sentito come se si fosse accesa una luce rossa e fossi stato bruciato, via, non sei più nel gioco dei normali, sei un replicante anche tu. Ho preso il mio scooter e sono tornato a casa, dove da molte settimane sono isolato dalla mia famiglia, per fortuna rimasta in un’altra località. Solitamente quando rientro mi fermo qualche minuto ai giardini vicino a dove abito per respirare un po’ di aria di primavera, guardare gli alberi fioriti mentre faccio due telefonate, questa volta no, non si può più. Niente giardini, niente momento di libertà, niente profumo di primavera, subito a casa per iniziare la quarantena. Avviso mia moglie, mi sfiora l’idea di non dirle nulla ma sarebbe troppo complicato da sostenere, ovviamente è più preoccupata che mai, mentre comunico ai miei referenti in ospedale la situazione. Rassicuro tutti, sto bene, o sono un portatore asintomatico o sono in fase di incubazione ma so perfettamente cosa devo fare nelle prossime ore e tutti i miei collaboratori sanno come attuare il piano che abbiamo previsto nel caso di una mia malattia.