Era facile prevedere che la nuova infezione da coronavirus sarebbe arrivata anche nel nostro Paese, è impossibile controllare la diffusione di una malattia infettiva trasmissibile nell’era della globalizzazione.
Dai dati di queste settimane sappiamo però che questo nuovo virus ha una contagiosità limitata, che solo una percentuale ridotta dei pazienti che lo contraggono sviluppano forme severe di malattia e che la mortalità, rispetto alla SARS e alla MERS, anch’esse causate da coronavirus, è bassa. I primi due casi registrati nel nostro Paese potrebbero rappresentare casi episodici e circoscritti, così come potrebbero verificarsene nei prossimi giorni altri isolati, tuttavia non ci si attende una diffusione come quella avvenuta in breve tempo in Cina. Tutte le misure preventive sono state messe in atto tempestivamente e le attività di sorveglianza sanitaria nel nostro Paese sono già in essere e in stato di allerta.
La rete dei reparti di malattie infettive è pronta a accogliere eventuali nuovi malati, così come sono stati identificati i laboratori diagnostici di riferimento per l’isolamento del virus. Infine, per i casi più gravi, l’Italia ha già testato con la passata epidemia di H1N1 come funzioni efficacemente nelle rianimazioni la rete dell’ECMO (la macchina che può garantire un supporto al circolo e ossigenazione extracorporea nell’attesa che i polmoni guariscano dalla polmonite). Il nostro Servizio Sanitario è forte e in grado di affrontare questa emergenza, sia nelle azioni di prevenzione e contenimento dell’infezione che nel gestire i casi di malattia conclamata. Al momento però non abbiamo ragioni di temere, due casi non sono una epidemia e la situazione è perfettamente sotto il controllo delle autorità sanitarie.
Dott. Sergio Harari, direttore dell'Unità Operativa di Pneumologia dell'Ospedale San Giuseppe di Milano