È finita la normalità. Il virus e Putin ce l’hanno rubata per sempre. Quel mondo senza guerre e senza pandemie che davamo per scontato e acquisito purtroppo non tornerà più. È finito in una sera di marzo di due anni fa quando un presidente del Consiglio stranito ci comunicò a reti unificati che le nostre vite entravano in lockdown, mentre le autostrade e le stazioni ferroviarie si erano già riempite di famiglie che cercavano di riunirsi prima che la pandemia le separasse o di uomini e donne che partivano per la guerra, quella che li attendeva nelle corsie degli ospedali.
La normalità è finita quando la guerra, quella vera, quella dei carri armati e dei bombardamenti, è arrivata vicino a noi, di nuovo dopo oltre 70 anni e due generazioni, in Europa. Fino ad oggi avevamo conosciuto solo gli echi di battaglie lontane, terribili ma lontane. Ora non è più così. I nostri figli, che hanno vissuto il distanziamento sociale, sentito le sirene delle ambulanze rompere il silenzio delle città in lockdown, sperimentato la Dad, ora, dall’oggi al domani, scoprono una nuova dimensione. Non solo la vita può cambiare per l’annuncio di un presidente del consiglio a causa di un invisibile virus, ma anche per bombe, distruzioni e lutti che irrompono improvvisamente nelle nostre quotidianità. Resta poi sullo sfondo la preoccupazione per una ripresa dei contagi, non sappiamo infatti quali ripercussioni avrà questo conflitto sulla pandemia ma la storia ci ricorda che la spagnola crebbe in ogni dove durante la Prima guerra mondiale. E anche le piazze europee così piene come non le vedevamo da tempo, da Berlino a Milano, accendono una luce di speranza che ci auguriamo si rifletta sull’Ucraina ma impensieriscono mentre il virus è ancora tra noi.
Se l’impatto psicologico della pandemia è stato fortissimo per tutti ma particolarmente per bambini e adolescenti, a questo oggi si aggiunge quello devastante di un orrore che credevamo dimenticato nella storia della Seconda guerra mondiale. Bosnia e Erzegovina, così come la Georgia nel 2008, sono state esperienze drammatiche e terribili ma molti dei ragazzi d’oggi sono troppo giovani per averne un ricordo diretto e i più grandi l’hanno comunque vissuto come un conflitto locale che non avrebbe cambiato l’equilibrio complessivo mondiale. Invece il virus e l’Ucraina hanno destabilizzato non solo il mondo ma anche le nostre menti, e questo rimarrà per sempre. I nostri cuori sono cambiati e non saranno mai più gli stessi. Quella innocenza che derivava da una pace duratura e da un benessere acquisito è persa definitivamente. Le immagini di questi giorni che ci arrivano da Kiev con i palazzi sbriciolati da razzi e bombe e i feriti dal viso sfregiato, così come quelle delle bare di Bergamo sui carri militari e del Papa che prega nel deserto di piazza San Pietro, sono un trauma con il quale dovremo fare i conti per sempre. Il futuro non sarà più lo stesso, adesso che pace e salute si declinano solo al passato prossimo.
Corriere Nazionale - Sergio Harari