L’invasione dell’Ucraina, con le terribili immagini che la accompagnano e che ogni giorno entrano nelle nostre case, scuote le nostre coscienze e mette in ansia i nostri cuori ma a colpirci non è solo la vicinanza geografica di questi luoghi. Altre guerre, altrettanto orribili, hanno segnato il mondo in questi anni senza che ci sentissimo così coinvolti, basti ricordare la distruzione di Aleppo o i conflitti in essere in Etiopia, Yemen, Nigeria, e l’elenco potrebbe continuare a lungo.
L’Ucraina è meno distante di molti di questi paesi e la Russia è una potenza nucleare che potrebbe scatenare la terza guerra mondiale, è vero, ma forse esiste anche un altro fattore che fa sì che i nostri timori siano maggiori che in altre occasioni. Dopo la pandemia tutto è diventato possibile, qualsiasi cosa può accadere e nulla ci sembra più improbabile.
Nessuno di noi nel gennaio di due anni fa avrebbe mai, anche solo lontanamente, predetto quello che poche settimane dopo avvenne, nessuno avrebbe potuto immaginare il mondo in lockdown, i morti, gli ospedali travolti, il distanziamento sociale, il blocco dei viaggi, la paura dei contagi, la corsa ai vaccini; è avvenuto di tutto, senza che lo potessimo prevedere. In questi drammatici mesi abbiamo capito che quello che accade dall’altra parte del globo interessa anche noi, che la terra non ha più isole felici nelle quali nascondersi in sicurezza, che il pericolo può arrivarci addosso improvvisamente, senza preavvisi.
Moltissimi di noi fino a due anni fa non sapevano neanche dell’esistenza di una città cinese dal nome oggi diventato sinonimo di morte e malattia, Wuhan. Eppure tutto questo è successo. Allora la guerra dei nostri vicini diventa anche un po’ nostra, ne percepiamo la vicinanza, il pericolo, le possibili ripercussioni. Abbiamo paura delle conseguenze che potrebbe avere anche sulle nostre vite, oggi che tutto è strettamente collegato da una globalizzazione di cui solo ora comprendiamo la profondità, mentre niente è più certo e realmente prevedibile.
L’ondata di profughi che si sta già riversando in Europa avrà ripercussioni non solo socio-economiche ma anche sanitarie importanti, che è bene mettere in conto da subito: Ucraina e Russia sono due paesi con un elevato numero di casi di tubercolosi spesso con forme pericolosamente resistenti ai farmaci e anche l’HIV è ben lungi dall’essere sotto controllo. Il crollo economico di quell’area geografica con la crescita di nuove povertà rischia di far esplodere l’epidemiologia di malattie finora contenute da sistemi sanitari che già presentavano serie criticità prima di questo conflitto. Per questo bisognerà tenere conto dell’impatto dirompente che potrà avere la gestione sanitaria anche nei paesi limitrofi come ad esempio la Polonia.
Trascorsi questi due anni tutto fa più paura, anche una guerra, che in altri tempi avremmo forse sentito più estranea, diventa una concreta minaccia a quella pace e a quel benessere che fino a ieri davamo per scontati e acquisiti. La solidarietà che ha caratterizzato la prima ondata della pandemia sta riemergendo con forza e forse è l’unico modo con il quale ognuno di noi nel suo piccolo può reagire all’indicibile che stiamo vivendo, ma non potrà bastare se non sarà accompagnata da serie azioni anche di politica sanitaria.
Corriere Nazionale - Sergio Harari