Sebbene se ne parli molto meno e anzi si cerchi di non parlarne affatto, il Covid è ancora tra noi.
Da dopo la prima ondata non è facile discriminare chi muore di Covid o con il Covid, e molte polemiche hanno accompagnato queste valutazioni, ma ci si può rifare alla mortalità in eccesso come dato inequivocabile. Carlo La Vecchia, uno dei migliori ricercatori del nostro Paese, ha stimato in 9631 i morti in eccesso in Italia dall’aprile al giugno 2022 rispetto all’andamento medio negli anni precedenti la pandemia (2011-2019) con un incremento del 6,3%. Nel solo mese di luglio 2022 la mortalità in eccesso ha superato i 12.000 casi, a questo nefasto risultato probabilmente hanno contribuito anche altri fattori, come l’ondata di caldo, ma se consideriamo il quadrimestre aprile-luglio 2022 i decessi in eccesso superano i 21.000 casi (+10,6%) in più dell’atteso in base alla serie storica. La maggior parte dei soggetti erano ultrasessantacinquenni, tanto è vero che in un altro studio La Vecchia e colleghi hanno documentato come, dopo la prima ondata pandemica, la perdita in termini di lavoratori attivi sia stata circoscritta e quasi azzerata quando omicron è poi diventata predominante.
Dobbiamo fare i conti con un problema di salute che, diversamente da altre malattie infettive del passato che erano appannaggio solo dei reparti di malattie infettive, interessa tutte le strutture sanitarie: la medicina interna, la pneumologia, i reparti di terapia intensiva, ecc. Oggi l’impatto sanitario è soprattutto concentrato sui reparti internistici che ricoverano la maggioranza dei pazienti, dovendo comunque continuare a fare fronte a tutte le patologie non Covid.
Se vogliamo imparare dall’esperienza del recente passato, dobbiamo sia sviluppare le competenze e professionalità che per necessità si sono dovute improvvisare nella fase più acuta della pandemia (ricordate gli ortopedici che ventilavano i pazienti?), che avere pronti quei piani e quelle strategie emergenziali che sono mancate: abbiamo ora sufficienti posti letto di terapia semi-intensiva e intensiva? Reparti di degenza attrezzati? Stanze a pressione negativa, ventilatori ecc.?
Come stiamo affrontando, se la stiamo affrontando, questa nuova entità patologica che è entrata nella nostra sanità, il Covid? Stiamo veramente facendo il meglio per gestire questi pazienti e non sottrarre risorse agli altri? Non va forse, dopo questa drammatica esperienza, ripensato tutto il sistema salute del nostro Paese, destinando anche maggiori risorse e sfruttando le opportunità offerta dal Pnrr?
Ci piacerebbe che più che perdersi a recriminare su quello che tre anni fa si sarebbe potuto fare, si pensasse invece a quello che ora e adesso si deve fare.
Sergio Harari - Corriere Nazionale