Era da tempo che in Italia non si discuteva così animatamente di ricerca scientifica, fino a quando nel novembre scorso il premier Matteo Renzi, con uno di quei coup de théatre che tanto ama, non lanciò il progetto Human Technopole. Se l’entrata a gamba tesa non è stata forse delle più diplomatiche, ha però avuto il grande pregio di lanciare un progetto innovativo per il Paese, da anni fanalino di coda di tutto il mondo occidentale per investimenti di ricerca. Ora abbiamo un primo piano di lavoro ancora ampiamente integrabile e perfettibile, uno stanziamento di fondi importante per i nostri standard (anche se probabilmente insufficiente per volare alto e comunque molto inferiore a altre iniziative internazionali), una convergenza di politica, imprese, istituzioni di ricerca e università. Sebbene le critiche anche accese all’approccio top down con le quali il progetto è stato gestito non siano mancate, bisogna riconoscere che il risultato ottenuto in un paio di mesi è tutt’altro che trascurabile.
Forse si è voluto slegare il progetto dalle pastoie della burocrazia nazionale, pasticciona anche in campo scientifico, affidando a una istituzione terza come l’Istituto italiano di Tecnologie di Genova la parte più delicata. L’IiT, nato nel 2003 con modalità top down in qualche modo simili alle attuali, è guidato da Roberto Cingolani, sulle cui capacità di grande manager della ricerca evidentemente conta il premier, per superare le non poche difficoltà che via via si incontreranno. Intanto il coinvolgimento delle altre istituzioni è in una fase di progressiva integrazione che potrà poi ulteriormente migliorare e allargarsi anche a altri soggetti.
Milano ha l’opportunità di vedere nascere in un’area cruciale per il futuro della città un grande centro di ricerca e sviluppo che potrà attrarre ricercatori stranieri, sinergizzare le energie già esistenti (purché poi non le cannibalizzi), diventare il volano per lo sviluppo strategico della ricerca in tutto il Paese.
La presenza del campus universitario della Statale appare indispensabile perché, come ha detto il rettore Vago, non si rischi l’effetto cattedrale nel deserto, e andranno reperiti i fondi necessari per la sua realizzazione.
Nello sviluppo delle strategie future di Human Technopole è però essenziale distinguere quello che è scienza da quello che invece è politica o impresa, non che i piani non si intreccino ma ai ricercatori deve interessare solo il bene del futuro della ricerca e della scienza in questo bistrattato Paese.
[Fonte: Corriere Della Sera, edizione Milano _ editoriale _ Lunedì, 29 Febbraio 2016]