Sono tanti, troppi gli operatori sanitari che si sono infettati col virus SARS-Cov-2. Medici e infermieri continuano a ammalarsi e, purtroppo, talvolta a morire, in numero inaccettabile. Se all’inizio della pandemia poteva essere comprensibile che il personale fosse stato colto di sorpresa e non si fosse sempre protetto adeguatamente, adesso così non è più. Eppure negli ospedali i contagi continuano a crescere. La scarsità dei cosiddetti mezzi di protezione individuali (DPI) e la mancanza di una seria e uniforme strategia di prevenzione e salvaguardia degli operatori hanno fatto il resto.
Si tratta di un problema maggiore sia per i rischi ai quali il personale viene esposto, sia perché ogni contagiato è una risorsa valida in meno, sia per la possibile diffusione di cui l’infetto può diventare vettore. A ciò si aggiunga l’effetto emotivo devastante su chi ogni giorno si espone al rischio, di sapere che colleghi e amici si ammalano uno dopo l’altro. Quando è stato il momento nessuno si è tirato indietro, tutto il personale di assistenza sta dando una straordinaria prova di generosità, ma questo non vuole dire che si debba dimenticare che certi rischi possono essere prevenuti e ridotti al minimo.
Abbiamo indicazioni sulla sorveglianza degli operatori che variano da regione a regione mentre poi nell’incertezza generale ogni ospedale fa di testa sua. Si passa da strategie di monitoraggio molto stringenti come quelle del Veneto a misure di sorveglianza come in Lombardia, dove solo i soggetti sintomatici andrebbero sottoposti al tampone diagnostico. L’Organizzazione Mondiale della Sanità ci ha poi messo del suo dando indicazioni discutibili sull’uso dei DPI. Un altro problema è quello del sostegno a chi si ammala e alle loro famiglie.
Se esistono misure di tipo previdenziale a tutela di altre professioni sottoposte a rischi di varia natura, come le forze dell’ordine, i Vigili del fuoco e altri ancora, perché non pensare a una qualche forma di aiuto per chi si ammala svolgendo la propria opera di assistenza? Sarebbe un segnale positivo in questo momento in cui l’impressione generale è che si dia per scontato che le malattie dei sanitari siano un incontrovertibile prezzo da pagare alla causa comune. Ma non è così. Si può e si deve fare di più per proteggere i lavoratori, attendiamo dal ministero della Salute e dalle Regioni indicazioni chiare, condivise, a massima tutela di chi ogni giorno mette a rischio la propria salute nell’esercizio della propria professione.
Da Corriere della Sera - OPINIONI - Testo di Sergio Harari