Da allora sono passati 137 anni ma la tubercolosi è ancora tra noi, non è stata sconfitta come altre gravi infezioni che hanno contraddistinto la storia dell’umanità. Un terzo della popolazione mondiale è entrato in contatto con il bacillo della TBC; ogni anno ci sono 9 milioni di nuovi casi nel mondo (un milione dei quali in età pediatrica), circa 5.000 nuovi casi all’anno in Italia, Paese a basso rischio. Il test tubercolinico (Mantoux) e i test su sangue hanno una affidabilità buona ma non del 100%, questo vuole dire che si possono avere soggetti falsamente positivi o anche che qualche caso può comunque sfuggire. Bisogna quindi continuare a seguire nel tempo anche i bambini esposti che hanno avuto esami negativi.
La profilassi, oggi attuata con isoniazide, un chemioterapico da assumere quotidianamente per 6 mesi, è indicata per chi è positivo ai test ma non ha sviluppato la malattia. Cosa vuol dire? Che si è verificato un contatto con il bacillo (come per gran parte della popolazione adulta del nostro Paese), ma che ciò può rimanere per tutta la vita senza alcun significato clinico, senza sintomi, come se nulla fosse accaduto, oppure il soggetto nel tempo potrà sviluppare la malattia in forma conclamata. Nelle forme di malattia conclamata, come quelle che si sono registrate nella maestra di Motta di Livenza e in alcuni suoi allievi, la terapia si basa invece su un trattamento antibiotico a 4 farmaci per 2 mesi, proseguito con 2 farmaci per almeno altri 4 mesi. Se le cure sono osservate correttamente, gli insuccessi terapeutici e le recidive sono rarissimi. La vaccinazione ha un’efficacia non del 100% e una durata di 10-15 anni.