Chi si occupa dell’assistenza ad anziani e disabili? In che misura il servizio pubblico si fa carico delle loro necessità?

21 Luglio 2024

Cronicità e non autosufficienza sono il tema del sondaggio che quest’anno Corriere con l’associazione del terzo settore Peripato lancia ai lettori. Sfide di grande attualità per tutta l’Europa ma ancora di più per il nostro Paese.
L’Italia tra i suoi 59 milioni di abitanti conta 14,18 milioni di ultrasessantacinquenni e si conferma il Paese europeo con la maggior quota di popolazione anziana: il 24% contro il 22,1% della Germania, il 21,2% della Francia e il 20,1 della Spagna. L’indice di vecchiaia (rapporto tra la popolazione di ultrasessantacinquenni e quella con meno di 15 anni) continua a crescere esponenzialmente: era 131,7% nel 2002, per diventare 193,1% nel 2022 e le previsioni stimano possa raddoppiare nei prossimi vent’anni. I grandi anziani, ovvero le persone dagli ottant’anni in su, superano oggi i 4,5 milioni, ma nel 2043 aumenteranno di quasi due milioni, a fronte di una riduzione della popolazione complessiva di circa tre milioni di unità.

 
Anche nel tasso di invecchiamento si confermano le importanti differenze regionali tipiche del nostro Paese: i due estremi sono rappresentati dalla provincia di Bolzano con un indice di vecchiaia di 131,8 e la Liguria con un indice di 270,9, come riportato dalla bozza del nuovo piano per la cronicità, ancora in fase di aggiornamento.
 
E anche il contesto sociale è in continua evoluzione. Oggi una persona anziana su tre vive da sola ma tra vent’anni le famiglie unipersonali saranno più di sei milioni, con importanti ricadute sul sistema di welfare. Se attualmente nella fascia di età 65-74 anni la maggior parte degli anziani è autonoma nello svolgere le attività quotidiane, questo dato si riduce progressivamente con l’età.
La cronicità, come si diceva, è la sfida del futuro. Le donne, e non solo per la loro maggiore longevità, sono più frequentemente colpite da malattie croniche e anche più precocemente, così come sono più spesso affette da più patologie non gravi: tra i 65 e 74 anni si stima che il 23,5% del sesso femminile sia portatore di più patologie non severe (13% gli uomini). Nella stessa fascia di età gli uomini presentano invece almeno due patologie di cui una grave nel 13,5% contro il 6,5% delle coetanee. Complessivamente il 43,2% della popolazione ultrasessantacinquenne è affetto da almeno una patologia grave (tumore maligno, ictus, Alzheimer, malattie cardiache, diabete, Parkinson, malattie respiratorie croniche).
Oltre l’84% degli anziani si appoggia a familiari per gestire la propria vita così potersi permettere una assistenza a pagamento (badanti, infermieri, altro) diventa un importante discriminante sociale. Anche il livello culturale ha un significativo impatto sul rischio di cronicità: dati Istat documentano chiaramente come le persone con livello di istruzione più basso soffrano maggiormente di patologie croniche rispetto al resto della popolazione, con un divario crescente all’aumentare del titolo di studio conseguito.
Ma cronicità e non autosufficienza non sono solo appannaggio della terza età, valga un solo dato paradigmatico: almeno 600.000 giovani soffrono di autismo in Italia.

Se le ricadute sociali sono importantissime non lo sono meno quelle economiche. Il rapporto Osservasalute (2019) valuta che la spesa per l’assistenza sanitaria di base si attesti oggi a 66,7 miliardi di euro ma che possa crescere nel 2028 di circa quattro miliardi. Uno studio effettuato dalla Società italiana di medicina generale (SIMG) stima la spesa per un paziente con scompenso cardiaco pari a 1.500 euro/anno, 1300 euro/anno per un diabetico di tipo 2, 900 euro/anno vengono spesi per chi soffre di osteoporosi, 864 per un iperteso, e via dicendo. Ma i costi si sommano: nel 2012 i pazienti con due malattie croniche gestiti dai medici di medicina generale erano il 22,4% e in soli 5 anni, nel 2017, sono diventati il 25,6%. Le malattie croniche rappresentano oggi la maggior spesa sanitaria dei paesi UE ma l’attuale organizzazione sanitaria incentrata sull’assistenza alla singola patologia e su una medicina iper-specialistica va ripensata alla luce dell’evoluzione epidemiologica. Lo scarso coordinamento tra assistenza primaria e quella specialistica, la mancata continuità assistenziale e la carenza di integrazione tra aspetti clinici e socioassistenziali pesano come macigni.
Il miglioramento di queste criticità, il supporto ai caregiver e alle famiglie, l’utilizzo delle nuove tecnologie e dell’Intelligenza Artificiale, domotica e housing sociale, sono le direttive sulle quali lavorare. Corriere vuole contribuire attraverso questo sondaggio all’approfondimento e alla discussione di questi problemi. I risultati saranno presentati al grande pubblico e alle istituzioni competenti in occasione della prossima edizione del Tempo della salute. Per questo chiediamo solo 10 minuti del vostro tempo.
 

Come partecipare al sondaggio

Per partecipare al sondaggio, che richiede non più di 10 minuti, inquadra con uno smartphone il QR Code e segui il link