07 Ottobre 2024

Aumentare il prezzo delle sigarette con una tassa di scopo è una buona idea per molte ragioni, anche se scontenterà la potente lobby del tabacco e i 12 milioni di fumatori del nostro Paese. Un numero che testimonia quanto gli effetti della legge Sirchia si siano attenuati nel tempo e che non tiene conto delle nuove modalità di tabagismo, sempre più diffuse tra i giovani (e-cig, sigarette con tabacco riscaldato, ecc.). È da anni che la comunità scientifica chiede un provvedimento di questo tipo (e anche da queste pagine ci si è più volte espressi in tal senso) ma alla fine non si è mai arrivati a vararlo, neanche quando qualche politico di peso, come nel 2017 l’allora ministro della salute Beatrice Lorenzin e prima ancora Umberto Bossi, si era speso a favore.
 
mozziconi di sigarette
I dati però sono chiari e univoci: aumentare il costo delle sigarette determina una riduzione del loro consumo, del numero di fumatori e della loro diffusione tra la popolazione giovanile.
Esistono ormai diverse esperienze anche in paesi europei a noi vicini che lo confermano e, peraltro, in Italia il prezzo del pacchetto di sigarette è nettamente inferiore alla media dell’Unione europea. Recenti stime valutano che un aumento del 10% del costo si possa tradurre in una riduzione del consumo tra il 4 e 5,4%, e tanto più aumenta il costo tanto maggiore è la riduzione del consumo. Uno dei problemi però è che lo Stato italiano ha un conflitto di interessi grande come una casa: incassa tutti gli importanti proventi delle accise e può non avere convenienza a disincentivarne il consumo, malgrado le drammatiche ricadute che il fumo ha sulla salute pubblica. Se mai si arriverà a un aumento della tassazione dei prodotti del fumo alcune cose devono però essere ben chiare, i proventi devono essere destinati solo a azioni di difesa della salute, che vuole dire:
1) attività di prevenzione e screening delle malattie fumo correlate;
2) potenziamento del Servizio sanitario nazionale;
3) fondi per la ricerca indipendente.
Se no ci ritroveremo, come per la benzina, a spenderli per risanare i debiti della guerra di Etiopia del 1935-1936.

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